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sabato 22 ottobre 2011

Ma parlare di "er pelliccia" non è buon giornalismo

Maledizione, devo tornare a parlare dei fatti di Roma del 15 ottobre, poichè è appena trascorsa una settimana e vanno tirate le somme. La cosa però mi crea disagio, poichè il livello del dibattito pubblico è stato in media talmente basso che ricominciarlo da capo sarebbe davvero una fatica troppo grande per uno svogliato come me. Perciò invece di dire qualcosa di originale mi limiterò a parlare di come altri ne hanno parlato.
Come ho già scritto, infatti, a una settimana esatta da quelle violenze il giornalismo italiano ha dato nel complesso una pessima prova di sè, giudizio nel quale includo anche la maggior parte dei giornalisti antiberlusconiani (e quelli cerchiobottisti in stile Corriere) dai quali invece sarebbe legittimo pretendere del giornalismo serio. Sorvolo sul termine stesso "black bloc", usato impropriamente, termine giornalistico nel quale nessuno tra i "nerovestiti" presenti a Roma si identifica. Sorvolo anche sull'aver letto, persino sui quotidiani nazionali, il termine scritto come "black block", quando basterebbe consultare Wikipedia per avere delucidazioni in proposito.
Ciò su cui proprio non posso sorvolare è che sulle pagine dei quotidiani e nei discorsi fatti tra chi li legge (o peggio tra chi segue solo i tg) l'intera vicenda è stata ridotta ad un"er pelliccia tira un estintore contro i poveri celerini perchè è un pirla e poi si inventa una scusa stupida", dove tutti i manifestanti più estremisti diventano un "er pelliccia" qualsiasi, nemico degli estintori e delle madonnine, e le intere dinamiche sociali che hanno causato quegli avvenimenti si riducono a "è gente che si diverte a farlo", oppure nel migliore dei casi ad un lapalissiano "sono violenti" senza che ci sia neppure un tentativo di capire perchè lo sono. Insomma, si riduce tutto ad una battaglia tra soldatini di piombo, quelli cattivi e quelli buoni, "er pelliccia" da un lato, il "blindato dato alle fiamme" e la "madonnina" in frantumi dall'altra.
I commenti più intelligenti difatti vengono dalla blogosfera e già ne ho linkato qualcuno, tuttavia anche la rete, nel suo complesso, ha dato pessima prova di se, a testimonianza del fatto che non esiste un mondo digitale "parallelo" ma che il web è parte integrante della sociatà, del "mondo reale", e ne condivide pregi e difetti. E in questo caso i difetti sono stati la maggioranza, a partire dalla campagna delatoria "denuncia anche tu un black bloc", che rischia di degenerare in "denuncia anche tu come blac bloc il tuo vicino antipatico" e che comunque, è palese, avrà come unica conseguenza quella del vietare le telecamere alle manifestazioni, a meno che qualcuno non pensi davvero che mettere in galera per qualche mese una decina di "arrabbiati" come pena esemplare serva davvero ad evitare scontri futuri oppure a far sbollire un po di rabbia negli incarcerati. Sul web come spesso accade i "black bloc" sono diventati i nemici di turno, come è successo, senza differenze, a Michele Misseri, Gheddafi o #vascomerda; oppure, altra faccia della medaglia, capita che ci si imbatta in una serie di commenti che dicono che quella di Roma è stata una vittoria poichè gli sbirri si sono fatti più male di "noi" (versione semplicistica delle opinioni in alcuni commenti sul blog degli Wu Ming, ma anche nell'intervista al nerovestito su Repubblica). Anche questo, però, fa parte del dividere il mondo in buoni e cattivi, senza preoccuparsi di capire davvero chi sia in realtà il cattivo di turno e quali siano le sue ragioni e i suoi "meccanismi".

A questo punto, mi verrebbe da chiedere, come siamo arrivati a tutto ciò? È anche questo uno dei molti effetti disastrosi del berlusconismo, che non si esaurisce in Berlusconi? Sinceramente non saprei, noto solo che, forse per la prima volta, un evento significativo come una manifestazione sfociata in violenza è stato trattato con il linguaggio e le modalità della cronaca nera, dove "er pelliccia con l'estintore", i "black bloc", "la madonnina" e "la maggioranza pacifica" sono diventati tante figurine, al pari di "zio Michele", "Sara", "Amanda e Sollecito", "Olindo e Rosa" e "la casa dell'orrore", "il garage dell'orrore", tutti i vari "piccolo angelo volato in Paradiso" e tutto il resto dei protagonisti e figuranti che riempiono i palinsesti pomeridiani ed i plastici di Vespa. Se ci pensate, qui il modello è quello dei reality show, dove la cronaca diventa un teatrino di legno popolato da burattini privi di anima che si agitano e si picchiano esposti al pubblico insulto o alla pubblica pietà per il diletto di spettatori a volte divisi in fazioni di fan, a volte uniti compatti nel televoto, convinti che ciò che vedono sia la verità e non un'imitazione di essa.
Non sarà quello orwelliano, quindi, ma alla fin fine stiamo assistendo davvero al trionfo di un Grande Fratello.

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